Perché scrivere l’amicizia è un’operazione complicata? Alcuni appunti di scrittura dal romanzo di Trevi!

Neri Pozza 2020
Due vite è uno dei miei libri preferiti del 2021. Una lettura toccante e viva ma anche un taccuino di scrittura. L’autore infatti fa emergere qua e là alcuni aspetti del raccontare a parole un rapporto di amicizia. Il cuore del romanzo Due vite è l’amicizia tra Trevi, Rocco Carbone e Pia Pera. Tutti e tre scrittori. Dunque si parla di amicizia, dell’osservazione del talento altrui, della giovinezza, della malattia, della morte. Le Due vite sono quelle di Rocco e Pia, omaggiate con il ricordo, ma anche le due vite che sono vissute da ciascuno di noi. La seconda nei ricordi degli altri, in cui si ha un futuro anche dopo la morte.
Perché è difficile scrivere l’amicizia?
Scrivere l’amicizia è difficilissimo, almeno per due motivi. Il primo riguarda la natura stessa dell’amicizia: per essere tale, richiede una specie di staticità. In un’amicizia, per quanto duratura che sia, non succede niente. Ci si telefona, si cena insieme, si chiacchiera. Non è come in una storia d’amore che si nutre di colpi di scena, o come in una narrazione sociale che ama il conflitto. Una vera amicizia è stabile e la stabilità è fatta di piccoli eventi che paiono troppo semplici per ricavarci una narrazione. Figuriamoci un romanzo intero! Come ho sentito dire a Trevi al Salone del Libro, l’amicizia è pura durata, è passare insieme una fetta di vita che scorre. La sua forza sta proprio in questo: garantire che non succeda nulla e farti sentire così, in pace. Dove sta allora la sfida di scrivere l’amicizia? In ogni corso di scrittura si dice che una storia è fatta di azioni che muovono i personaggi, che sconvolgono lo status quo. Come fare se l’amicizia non vive nulla di sconvolgente? La capacità dello scrittore sta nel sviluppare una narrazione valida senza azioni epiche. Se avete in mente di scrivere una storia di amici, Due vite offre ottimi spunti.
Piccolo esercizio di scrittura: pensa a una giornata tipo con un tuo amico, ricava una lista di azioni da scrivere in un foglio. Ritaglia ogni azione e poi mescola i bigliettini ottenuti. Ricomponi la giornata in maniera casuale e dai vita a una storia memorabile!
Scrivere l’amicizia: le differenze tra amici adulti e amici bambini
La seconda difficoltà è quasi una questione anagrafica. Nei libri per bambini e ragazzi l’amicizia è uno dei temi fondamentali, tutti i principali protagonisti hanno un amico per la pelle o ne incontrano uno. A proposito, di recente ho dedicato un post alla serie dei piccoli amici Jip e Janneke. Al contrario non mi sono imbattuta in molti romanzi per adulti in cui l’amicizia tra coetanei fosse così centrale. Mi sono chiesta se fosse perché l’amicizia è un rapporto che quando si è piccoli è spontaneo e pervasivo, quando si è grandi è più sottile e difficile da catturare. La naturalezza dell’amicizia nelle storie dei bambini forse rende più goffi i nostri tentativi di raccontare gli amici adulti. In Due vite oltre a leggere un’amicizia tra adulti, se ne legge una tra uomo e donna. Ancora un paragone con la letteratura per l’infanzia: nei libri per bambini non c’è una grande differenza tra avere un’amica o un’amico, mentre da adulti le amicizie possono essere influenzate in qualche modo dal genere. L’amicizia tra Trevi, Carbone e Pera, tra uomo e donna è così piacevole da leggere perché ci dice quanto è reale una forma di amicizia così.
Ma la confidenza tra maschi e femmine è cieca, sa solo quello che vuole sapere.
La descrizione del volto di un amico
A scuola ogni momento era perfetto per chiederci di descrivere il nostro migliore amico. Da cosa si partiva? Dagli occhi e dai capelli ovviamente! Il mix di caratteristiche che ci sembrava rendere distinguibile una persona. Il naso, poverino, restava quasi sempre per ultimo. Anche dopo le richieste di aggiungere particolari da parte della maestra, il succo del discorso non cambiava: il nostro amico aveva sempre i capelli marroni come la terra e gli occhi verdi come le foglie. Del resto le parole sono quelle che sono, il lavoro tocca tutto allo scrittore che è in noi:
Scrivere di una persona reale e scrivere di un personaggio immaginato alla fine dei conti è la stessa cosa: bisogna ottenere il massimo nell’immaginazione di chi legge utilizzando il poco che il linguaggio ci offre. […] Il dizionario del volto, per esempio, è di una povertà sconfortante (“occhi”, “naso”, “bocca”…) che a volte ci si arrende prima ancora di iniziare.
Due vite è un libro di cose difficilissime: la scrittura, l’amicizia, la felicità.